Nell’Unione Europea si producono ogni anno più di 2,5 MILIARDI di TONNELLATE di RIFIUTI.
La spinta che proprio l’Unione Europea sta dando alle aziende affinché adottino al loro interno una transizione ecologica, prevede una gestione dei processi e quindi degli scarti in linea con i principi dell’economia circolare, che va ad agire sia sul piano della PROGETTAZIONE di prodotti più sostenibili, sia sul piano della RIDUZIONE dei rifiuti attraverso soluzioni di RIUSO, RIPARAZIONE e RICICLO.
La definizione di Economia Circolare riassume proprio questi concetti: è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile.
I principi dell’economia circolare supportano un modello di business rigenerativo: rigenerare significa impegnarsi in attività di riduzione degli impatti negativi (produzione di emissioni inquinanti come CO2 o altri gas climalteranti, produzione di rifiuti, utilizzo di sostanze tossiche, produzione di rifiuti tossici, ecc.) e allo stesso generare attraverso la propria produzione impatti positivi (energia verde autoprodotta e reimmessa in rete, remunerazione più alta, servizi integrativi ai dipendenti, coperture sanitarie, donazioni, utilizzo di materiale da scarto per produrre, ecc). In questo modo, un’azienda “rigenerativa” crea più valore rispetto a quanto preleva dall’ambiente e dalla società per fare impresa.
È evidente come questa concezione entri in contrasto con il tradizionale modello economico lineare fondato invece sul tipico schema “estrattivo”, che al contrario non si pone il problema di una visione di insieme e della conseguenze a lungo termine della propria attività di impresa, e che di conseguenza riscontra grandi limiti nella dipendenza dalla disponibilità di grandi quantità di risorse e soprattutto nel prezzo delle conseguenze ambientali e sociali che questo modo di fare business provoca nel lungo periodo.
Già alcuni Paesi Europei hanno quindi imposto alle aziende di rispettare delle regole molto rigide in merito all’informazione verso il consumatore per premiare chi si impegna seriamente ad adottare strategie di economia circolare. Ad esempio, in Danimarca, non si possono fare proclami in merito alla sostenibilità di un prodotto se non si è fatto prima uno studio di LCA (Life Cycle Assessment), che impone una analisi minuziosa di tutti gli impatti che quel determinato prodotto (o processo) genera nell’arco della sua vita. Così anche in Francia, chi si fregia di una etichetta collegata al “green” deve dimostrare non solo gli impatti positivi ma anche rendicontare gli impatti negativi e pianificare una sedie di obiettivi misurabili.
Quello che le aziende ancora faticano a recepire ma che in realtà è il vero cuore della questione, è che il primo beneficiario di questa strategia di innovazione è l’azienda stessa, che potrà possedere:
- Maggiore controllo dei dati
- Soluzioni per utilizzare i dati in maniera costruttiva
- Riduzione o eliminazione degli scarti
- Riuso di materiale di scarto
- Profitto da materiale di scarto
- Utilizzo di materiali più performanti
- Comunicazione con supporto scientifico dei propri risultati al mercato
Fare strategia di sostenibilità è il miglior modo per assicurare alla propria azienda un futuro longevo e stabile. Detto in altro modo, essere sostenibili è l’unico modo per garantire un profitto a lungo termine, pertanto anche se la filantropia non è affare per tutti, tutti sono chiamati a prendersi cura del prossimo e dell’ambiente per un beneficio personale e perché no, anche sociale!